Pensi che l’ictus colpisca solo gli anziani? Ecco la verità scioccante sull’età a rischio

L’idea che l’ictus sia una malattia che colpisce esclusivamente gli anziani è un luogo comune che nasconde una realtà molto più complessa e, per certi versi, allarmante. Se è vero che la frequenza di questa patologia risulta più alta tra le persone avanti con l’età, negli ultimi anni si sta assistendo a un incremento significativo dei casi anche tra i più giovani. Diversi studi recenti e dati epidemiologici aggiornati aiutano a comprendere come l’età a rischio sia in realtà molto più ampia di quanto si creda comunemente.

Incidenza dell’ictus: età e nuovi scenari

Gli ultimi dati diffusi dalla Società Italiana di Neurologia indicano che l’ictus è una patologia con forte correlazione all’età: la sua incidenza raddoppia per ogni decade dopo i 55 anni. Circa il 75% degli episodi colpisce persone oltre i 65 anni, e storicamente questa fascia viene considerata la più a rischio, sia per una maggiore presenza di comorbidità sia per i cambiamenti fisiologici dell’apparato vascolare tipici dell’invecchiamento.

Tuttavia, questa lettura, seppure fondata, non rappresenta in modo esaustivo il fenomeno. Negli ultimi vent’anni si è notato un aumento del 50% dei casi tra i giovani, con particolare rilievo nei paesi in via di sviluppo. Nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 50 anni, le stime parlano di quasi il 10-15% di tutti gli ictus cerebrali, il che, su scala mondiale, equivale a circa 1,5 milioni di nuovi casi ogni anno. In Italia si contano almeno 12.000 nuovi casi di ictus annuali tra gli under 55, ma si rileva una crescita ancora più marcata tra gli under 45, spesso in relazione a stili di vita rischiosi come il consumo eccessivo di alcol e droghe.

Fattori di rischio: oltre l’invecchiamento

Quando si parla di etiologia dell’ictus, è importante distinguere tra fattori di rischio non modificabili e modificabili. Tra i primi si annoverano:

  • Età
  • Sesso e caratteristiche genetiche
  • Storia familiare
  • Come già anticipato, il rischio cresce esponenzialmente dopo i 55 anni per motivi legati all’usura vascolare, all’aumento delle placche aterosclerotiche e alla diminuzione dei meccanismi di riparazione tissutale. Tuttavia, vi sono diversi fattori di rischio modificabili che stanno progressivamente interessando anche le fasce di popolazione più giovane:

  • Ipertensione arteriosa
  • Fumo di sigaretta
  • Abuso di alcool e sostanze stupefacenti
  • Obesità e scarsa attività fisica
  • Stile di vita sedentario
  • Diabete mellito
  • Dislipidemie
  • Stress cronico
  • Negli ultimi anni, la diffusione di questi fattori anche tra i giovani ha portato a una prevalenza crescente di eventi ischemici acuti cerebrali tra coloro che, secondo la visione tradizionale, avrebbero dovuto essere considerati a basso rischio.

    Particolarità dell’ictus nei giovani: cause e impatto

    Nonostante la definizione classica dell’ictus si applichi sia agli anziani che ai giovani, le cause nei soggetti giovani presentano alcune peculiarità. Nei pazienti di età inferiore ai 45-50 anni, sono più frequenti le forme secondarie a:

  • Patologie congenite della coagulazione
  • Malattie autoimmuni
  • Cardiopatie giovanili non diagnosticate
  • Uso di droghe e abuso di alcol
  • Traumi cranici o cervicali
  • Malattie rare e dissecazioni arteriose
  • Secondo gli ultimi dati, è particolarmente preoccupante l’impatto dell’ictus giovanile in termini di disabilità permanente, costi sociali e perdita di produttività. Un soggetto giovane colpito da ictus affronta un percorso riabilitativo lungo e complesso, e il danno può alterare profondamente la qualità della vita sia dal punto di vista fisico che sociale. Ciò è amplificato dal coinvolgimento di soggetti in età lavorativa e spesso con carichi familiari.

    Prevenzione e consapevolezza: come ridurre il rischio a ogni età

    Un aspetto cruciale nella lotta contro l’ictus è la prevenzione primaria, cioè l’adozione di stili di vita sani e la correzione dei fattori di rischio modificabili. Questo vale sia per gli anziani che per i giovani. La ipertensione rimane il principale fattore di rischio su cui intervenire, in quanto responsabile di una quota significativa di eventi ictali sia in età avanzata sia precoce.

    • Evitare il fumo di sigaretta e ridurre il consumo di alcolici
    • Praticare esercizio fisico regolare
    • Seguire un’alimentazione equilibrata, povera di grassi saturi e ricca di verdura, frutta e fibre
    • Mantenere il peso corporeo nella norma
    • Controllare i valori di pressione arteriosa, glicemia e colesterolo

    Fondamentale è anche la conoscenza dei sintomi dell’ictus (“faccia storta, braccio debole, parola confusa”) in modo da potere intervenire tempestivamente con i mezzi idonei, dato che il “tempo è cervello” e ogni minuto perso può aggravare in modo irreversibile il danno neurologico.

    Il ruolo della genetica e della familiarità

    Studi recenti suggeriscono che una storia familiare positiva di ictus aumenta il rischio individuale del 30%, con una rilevanza ancora maggiore nel sesso femminile e nel caso di insorgenza in età inferiore ai 65 anni. Questo sottolinea come la familiarità rappresenti un motivo aggiuntivo per focalizzare la prevenzione anche nelle generazioni più giovani, promuovendo una cultura della salute basata su informazione e screening regolari a partire dall’età adulta.

    Una lettura aggiornata dell’ictus: oltre il dato anagrafico

    La visione che vede l’ictus come il male tipico della terza età sta rapidamente cedendo il passo a una prospettiva più ampia, che riconosce la crescente vulnerabilità anche in soggetti attivi e privi di patologie croniche note. La prevenzione, in questo contesto, non deve essere considerata una prerogativa degli over 60 ma una precisa responsabilità da intraprendere già in giovane età, personalizzata e proporzionata ai fattori di rischio di ciascuno.

    In sintesi, la verità più sorprendente che emerge dagli ultimi dati epidemiologici e clinici è che l’ictus non discrimina solo in base all’età anagrafica. Sebbene la maggioranza degli episodi riguardi ancora la popolazione anziana, un numero crescente di giovani si trova oggi esposto a questa minaccia, complice la diffusione di stili di vita non salutari, l’incremento di patologie croniche emergenti e la maggiore incidenza di condizioni predisponenti anche nei decenni precedenti la vecchiaia. Una presa di coscienza di questa realtà, supportata da programmi di educazione sanitaria e prevenzione estesi a tutte le fasce d’età, rappresenta la strada più efficace per arginare l’impatto di una patologia dalle conseguenze spesso devastanti.

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